Zapping
di Mimmo Nobile
di Mimmo Nobile
Ho cominciato a sperimentare lo zapping dopo quasi 15 anni di pittura, stanco dell’ottica prospettica esterna alla pittura. Ho avuto l’input di deformare, modificare, trasformare, amalgamare, sovrapporre tutto e tutti, creando un’atmosfera caotica, senza logica, senza più, appunto, quella prospettiva con una base e un’altezza, senza punto di riferimento che possa far pensare anche a me se stesso nel senso di stare dritto a guardare, per esempio, un paesaggio; annullando quindi la mia verticalità come essere umano scheletrico.
E questo è stato il primo anello della catena, poi, per una serie di motivi, vari, molteplici e complessi – che strada facendo, magari, cercherò di evidenziare – sono subentrati alcuni passaggi anche psicologici che, a mio avviso, sono stati importati per aprire nuovi varchi al mio lavoro, prima inconsapevoli adesso illudendomi di fare con consapevolezza.
Certo, può essere anche questo un atto presuntuoso o egocentrico, come accade per chi, coma me, fa questo lavoro e che oggi è così difficile, più del passato forse, per quel caos di cose ed eventi che accadono con estrema ferocia ma, anche, con tanta leggerezza. È che tutto confluisce in questo tornado della velocità interna/esterna alla nostra pelle e alla nostra storia esistenziale. Tutto confluisce e parte dello zapping oggi. Ma tutto questo che scrivo, vi prego, non prendetelo per buono!
Io non faccio lo psicanalista delle masse, non essendo un sociologo né uno studioso della mente umana, tanto meno un osservatore dei rapporti e dei cambiamenti comportamentali delle vecchie e delle nuove generazioni, mi limito a entrare nell’inquadratura del mio tempo, nel quale, pensando che non è eterno il cammino dell’abitudinarietà dei sensi, eterna è l’ambiguità inevitabile del non ritorno, in fretta tento di fermare l’insetto nel mio cervello, di maltrattarlo e schiacciarlo su un supporto, così come fa la segnaletica sociale nel nostro quotidiano.
Mi sento così corrotto anche nella carne! Sento il linguaggio che appartiene al mio anonimato o alla nostra scatola nera, fino a farmi attanagliare dal panico che è l’evento più prezioso del mio intimo e che rappresenta lo zapping, essendo apparentemente immotivato; sento la sensazione di resa o forse di un riscatto in rapporto alla resa, mentre faccio fatica a superare l’evento che mi fa palpitare le vene della mia scatola toracica e cranica e quella del mio cuore, così incandescente come per raggiungere quel caotico trasfert nella profondità del mio io. Qui avverto che lottano diverse materie, anche quello dello sperma e quelle delle mie memorie, mentre con gli artigli, oramai quasi consumati, cerco di graffiare il collante del mio quotidiano per cercare di vivere, non solo di trans/funzionalità, ma illudendomi d’incontrare e magari abbracciare l’identità della mia persona, del mio cervello, del mio corpo, del mio respiro conflittuale, quasi sempre con questo poco ossigeno del nostro mondo presente.
Tutto senza troppe mediazioni culturali o ideologiche ormai. Essere presente con tutta la furia, se mi riesce! con tutto l’amore e la devianza, se mi riesce! Ma anche senza tanta nostalgia del tempo che non mi è mai appartenuto. Mi basta bucare il tempo un po’ con allegrezza, un pò anche con la tragicità di questo deserto iperpopolato, però senza mai stupirmi, quando a volte mi si chiude la mi caverna senza ossigeno, buia, senza acqua che anche i miei topi soffrono e hanno paura e ci riprendiamo solo per fortuna, quando da una piccola crepa ci attraversa per un solo attimo, un raggio di luce.
Fatta questa premessa, che è la parte zoppicante di questo ammasso di cose diverse, insomma di questo caos che per me è vitale e prorompente, seguo quella parte di me che mi fa perdere la centralità come uomo, ma mai come artista e che mi lascio depositare starti su strati, rimescolandoli e poi farmeli porgere, un aiuto così a stratificarli sulle tele e inventarmi autovelox e poi moviola, per tentare di ricostruire una piccolissima parte di questa straordinaria, terrificante, virtuale e concreta, disastrosa e beatificante, guaritrice e miracolosa realtà, a volte come una terapia intensiva “LO ZAPPING”.
A questo punto mi viene da chiedermi: che cos’è lo zapping?
Penso alla globalizzazione del clone, vivere; sul pensato con l’effetto indesiderato, spietato: suicidio del pensiero. Quindi le masse oltre a subire la più sporca, la più spietata, la più intelligente dittatura tecnologica con gli occhi in cancrena fino a lesionare il cervello nel cognitivo e nel motorio sono ancora ossessionati dalla vecchia bomba atomica, mentre da anni esplodono le più terrificanti bombe tecnologiche invisibili con enormi silenziatori e ultrasuoni, che con i quali hanno messo in piedi il più grande festival delle metastasi, dove vagheggia la vigliaccheria, la calma, la quiete, tristemente adagiata nella trans/funzionalità.
Noi siamo i nuovi kamikaze occidentali i quali ci lasciamo esplodere le nostre cinture imbottite di carte di credito,intanto ci facciamo inculare i soldi dai video-pocker, dal lotto, dal SuperEnalotto, dai gratta e vinci, dal bingo e dai cavalli, altro che tasse! Gli facciamo inculare le pensioni dei nostri padri, delle nostre mamme, dei nostri invalidi, quelli improtetti intendo! E non ci ribelliamo mai. Ma dove cazzo è, Superman? Forse nello stadio a vedere la partita del campionato mondiale di calcio, aspettando un rigore che non c’è, per intervenire con tutti gli uomini, con tutte le donne, in carne ed ossa,perché li, si rompono le ossa.
Sento il tatto di quelle vecchie mani che ci siamo fatti amputare, ce li siamo sostituite con protesi che possiamo ucciderci tra noi, squarciarci le carni e la muscolatura scheletrica, un agguato a noi,noi in agguato!
Siamo diventati solo unghie e le usiamo per schiacciare i nuovi pidocchi i quali hanno preso il posto del nostro vicinato e del nostro fratellato .
È un po’ come accade nel sistema dell’arte. Ci sono i signori delle mode e i manovali della politica/culturale/economica con gli occhi clonati come se l’avessero acquistati in una serra, mentre muovono la lingua e la coda come un cobra e che hanno sostituito gli esseri umani intelligenti con quelli che assomigliano agl’ “intelligenti” i quali si muovono come una banda camorristica; si accordano con altre bande, tra i quali i signori della critica schizofrenica, avvocati di alcuni artisti, snob e straviziati dal benessere,che si promuovono entro la nuova pseudo borghesia. Essi vivono e nascono tra i salotti/letti, reclutando tutti giovani militanti della spettacolarità, della rincorsa all’arrivismo da dove inizia il tappeto dell’ultimo sobborgo fino al vertice istituzionale per sentirsi come delle star come uno spot pubblicitario, pensando così di diventare inavvicinabili. Umiliandosi al corto circuito del pensato. Incitati dai loro maestri, che gli suggeriscono e gli celebrano mitiche epifanie truccate, al posto della spiritualità, così facendo si creano mode e modelli che trovano la loro grandezza scivolando nei giochi estetici di un qualsiasi centro di arredamento. Creando un codice nichilista come delle nubi grigi senza acqua solo con la trans/funzionalità per la condizione del profitto e dell’efficienza per dividersi la grande torta della cultura.
Ho l’impressione che stiamo rivivendo quella straordinaria scena del film nel quale, mentre Mosè pregava sul monte Sinai, aspettando le tavole, le masse umane festeggiavano fra orgie e vino, euforiche, lodando il grande vitello d’orato, u po’come accade oggi che lodiamo il grande fratello, dimenticando, forse tradendo, le proprie radici, il proprio passato e il respiro già inquinato per cazzi suoi oggi, questa cupola di un inceneritore sopra di noi del nostro presente.
Aveva ragione il mio caro amico Dario Micacchi nel 1992, qualche giorno prima che ci lasciava per sempre. Mi ha detto: “Amico caro, ha vinto l’ignoranza”! Ormai ci è entrata nelle ossa come se fosse l’umidità”. È stato un uomo onesto e coerente, non credette mai a nessuna Croce e andò via in silenzio. Ricordo la sua bara senza croce nella stanza “Rossa”. Però, io so, che in vita ha portato la grande croce dell’esistenza. Oh! Dario, sapessi quanto mi manchi! Pensa, caro Dario se potessi stare qui, adesso, che tutti ti hanno dimenticato e vedessi questo vivere che sembra un agguato. Dove per andare avanti bisogna scambiare l’articolo n.1 della costituzione della Repubblica Italiana con l’articolo n.1 del codice penale.
È, se vogliamo trovare oggi, il valore della libertà, dobbiamo muoverci e sentirci come tante zecche…… o, essere …….
Schiavi della fortuna!